Il Podere

Il Podere – la magia nascosta dell’Etna

La Tenuta risale alla seconda metà del ’600. Proprietà delle monache benedettine di Adrano, nella prima metà dell’800 passa, per “Manu morta”, ad un parente adranita della priora e successivamente, da questi, venduta a tale Nunzio Petralia (detto “Vitrognu”), il cui padre Alfio proveniva da Nicolosi come mandriano al servizio della facoltosa famiglia dei Portale.

Il Petralia, da pastore qual era, divenne ricco per una coincidenza fortuita. Durante il rientro,dopo una giornata di pascolo, egli assistette al nascondimento di una refurtiva da parte di una banda di briganti in un lotto di terreno abbandonato. Memorizzatone il posto, nottetempo vi si recò per sotterrare il tesoro ed impossessarsene, divenendo improvvisamente ricco.

Acquistò quindi tutta la collina della contrada Don Assenzio, di cui il podere ne è parte, lasciandolo poi in dote alla figlia Giovanna la quale, andando in sposa a Don Ferdinando Pastanella, lo trasmette al figlio Francesco, farmacista, coniugato Battiati, e da questi al nipote Ferdinando. Le iniziali poste all’ingresso della reception dell’attuale struttura ne testimoniano la vecchia proprietà.

Quella dei Pastanella è famiglia facoltosa che annovera, nei propri ranghi, il Prevosto della pontificia basilica Maria SS. Dell’Elemosina can. Ferdinando Pastanella (in carica dal 1875 al 1878), il farmacista Don Francesco, detto Ciccino (che ha ereditato il podere) e uomini di legge cui l’attuale Ferdinando Pastanella, figlio del farmacista ed ultimo proprietario. E’ da questi infatti che nella primavera del 2017 la famiglia Grasso, attuale proprietaria, la rileva.

Curiosità e coincidenza: la madre di Mario fa di cognome Pastanella, così come la famiglia cui apparteneva la tenuta, pur con questi non essendo parenti se non forse in un passato davvero remoto difficilmente ricostruibile e su cui Mario sta lavorando. Si estende per circa 10 ettari e si trova nel cuore nobile delle vigne di Biancavilla, esposto completamente a sud-sud est, in condizioni climatiche di assoluto favore.

È vitato per più di 4 ettari, sia con vitigni autoctoni di assoluto pregio, sia con vitigni alloctoni altrettanto pregiati quali barbera grignolino; questi ultimi impiantati più di 50 anni fa a seguito della passione della famiglia per i vini piemontesi in un’epoca in cui le viti dell’Etna erano poco considerate nello scenario vitivinicolo nazionale ed internazionale. Ha quella che Mario considera una fortuna e che consiste nel trovarsi al di fuori della zona riconosciuta per il vino Etna Doc, confinandovi solamente. Conta inoltre più di 250 alberi di ulivo plurisecolari, in prevalenza di tipo nocellara etnea. L’ingresso avviene a 800 ml sul livello del mare ed un dolce declivio lo accompagna fino a quota 650, dopo aver percorso, al suo interno, una distanza di circa 1 kilometro.

La casa poderale del 1721, successivamente annessa al palmento edificato nel 1653, rappresentava l’unità abitativa della famiglia durante i periodi di coltivazione e di lavorazione dei frutti, sino alla vendemmia.I vecchi proprietari, trasferitisi a Catania ad inizio secolo XIX,lo hanno lasciato quasi del tutto incolto e abbandonato

Oggi si trova in uno stato semi selvaggio e dotato di una bellezza ed una ricchezza di biodiversità difficilmente replicabili. Davvero suggestivo è l’accostamento delle querce che si ergono in mezzo alle viti. Sono inoltre presenti mandorli, ciliegie, gelsi, susine, meli, fichi, peri, albicocchi, noci. Unica è l’ansa delle ginestre: uno scorcio di terreno vitato, in prossimità del vallone, quasi nascosto, all’interno del quale, a fianco delle viti, maestose ginestre colorano e profumano l’aria circostante. Il costone di confine a nord del vallone del torrente Torrette, figlio di colate laviche millenarie, nasconde una magnifica grotta di rara bellezza e fattura, che verràin seguito ripristinata e debitamente resa fruibile ai visitatori.

Leggenda non documentata narra che le truppe garibaldine, capitanate da Nino Bixio a seguito dei Fatti di Bronte, e dirette verso Giardini Naxos per riunirsi a Giuseppe Garibaldi, avendo preferito le vie dell’Etna per raggiungere tale meta, all’interno della grotta trovarono rifugio durante un violento temporale che s’imbattè, improvviso e furente, nel versante sud-ovest del vulcano.